Come dice il profeta... non c'è gatto più riuscito di un gatto mancato!

venerdì 10 agosto 2007

Goccia

Goccia è entrata nella nostra vita il 15 luglio. Ce l'ha portata Rossana, era caduta dal nido una settimana prima, piccolissima. Un passerotto di pochi giorni va nutrito ogni quarto d'ora - così ci hanno detto - e quindi per i primi giorni Irene l'ha imboccata (carne cruda e frutta) con una pinzetta per le sopracciglia, standole vicino tutto il giorno, proteggendola dai gatti e dandole da bere con una boccetta di collirio.

Quando abbiamo lasciato il mare, l'abbiamo portata con noi in aereo quindi goccia è l'unico passerotto che può dire di aver volato sopra i 5000 metri di quota.

Arrivate a Casa Irene ha girato un po' su internet e ora sappiamo che goccia è una femmina (si capisce dal piumaggio) e che i passerotti non devono mangiare latte nè prodotti lievitati mentre carne uova e frutta fanno loro molto bene. (Ire ci tiene a far sapere queste cose, perchè far sopravvivere un passerotto è difficilissimo, con queste informazioni può riuscire)

Adesso ha circa un mese, ma ancora non vola per più di pochi metri. Se usciamo la lasciamo nella sua gabbietta, con lo sportello aperto, e quando rientriamo esce dalla gabbia e vola incontro a Irene. Da qualche giorno mangia e beve da sola dalle sue vaschette, ma preferisce farsi imboccare, e noi la viziamo. Adesso che "è grande" l'abbiamo lasciata becchettare un po' di biscotto (visto che ci si è tuffata sopra mentre Ire lo stava mangiando) e non sembra le abbia fatto male.

Non sono tutte gioie: Goccia ama rannicchiarsi nelle pieghe della maglietta della sua "mamma", o nascondersi tra i capelli, sulla sua spalla, ma non ha ancora capito dov'è il bagno...

Tra qualche giorno dovrà volare via, siamo molto preoccupate che se la sappia cavare davvero, e pensiamo di tenerla con noi qualche giorno in più per essere sicure che sia abbastanza forte e capace di affrontare i pericoli del mondo esterno.

Questo ci ha permesso di fare delle belle riflessioni su cosa vuol dire crescere un essere vivente e poi lasciarlo libero di rischiare la sua vita; sul significato di parole come amore, possesso, protezione, libertà, mamme, figli... Credo che adesso Ire mi capisca un po' di più.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

mi rotolano per la testa un sacco di pensieri dopo aver letto le avventure di Goccia e Irene. I più importanti sono questi 2: guarda come bastano pochi grammi di vita piumata a farci capire che i fondamenti del bisogno di avere genitori o figli travalica l'appartenenza ad una specie! (questo era il primo);il secondo è un'emersione del messaggio di Almodovar nel suo "tutto su mia madre" con la sua toccante umanità nello scoprire di voler essere genitori. Per ora non mi va di dire altro ma vi assicuro che i miei pensieri proseguiranno oltre la chiusura di questo post. Insomma, grazie goccia, ricordati di aprire le ali quando serve e... attenta ai gatti!
clax.

lapis ha detto...

Ciao, ho letto la storia goccia e mi ha ricordato quella che è capitata ai miei vicini di casa, dove abitavo prima, vicino alle saline.
L'avevo scritta, e poi accorciata molto per pubbblicarla nella mia rubrichetta sui quotidiani eplis. Questa è la vversione lunga, spero vi faccia piacere.

ciao,

chicco (lapis in fabula)


LA STORIA DELLA BAMBINA E DELLA RONDINE DI MARE.

Questa è una di quelle storie vere, ma troppo perfette per raccontarle. Comincia con un uomo che fa jogging alle saline. Ogni giorno macina chilometri fra i cespi di giunco e quelli di salicornia, sugli argini che tagliano gli specchi d’acqua rossa. Intorno volano e vivono uccelli di ogni tipo: dai fenicotteri alle minuscole ballerine bianche. Quel giorno qualcosa attira la sua attenzione: un pulcino, piccolo, piumoso con il becco da gabbiano. Perso. Niente fratelli, niente nido, niente genitori. Tempo un’ora e sarà colazione per i gheppi. Non si fa, lo sa, ma lo raccoglie. Attraversa le saline, supera la linea dei palazzoni sulla riva e torna a casa. Il pulcino ha bisogno di cure, lo affida a sua figlia, undici anni, difficile dire fra lei e il pulcino chi è più cucciolo. La identificano insieme con la vicina di casa e il suo libro di birdwatching: è una sterna, una rondine di mare, sono gli acrobati del cielo, da grande avrà la sagoma di una rondine con il color neve da gabbiano, e sugli occhi una vezzosa mascherina nera da Zorro. La chiamano “Sale” per ovvi motivi. La bambina, la mamma e il babbo accudiscono la piccola: ogni tre ore esatte la imboccano di pezzetti di pesce fresco, poi le insegnano a nuotare e perfino a pescare nella vasca da bagno. La sterna cresce in fretta: diventa candida, bellissima. È grande quasi come una tortora, ma ha zampe minuscole e lunghe ali a freccia. Vorrebbe seguire ovunque la bambina, ma si muove come può. Non è fatta per stare a terra, in casa le ali e la coda la impacciano, è come un jet in un ingorgo in città. Allora le insegnano a volare. La piccola rondine di mare adora la bambina, basta che il babbo la tenga in mano a qualche metro di distanza perché si lanci a raggiungerla. Un tentativo catastrofico, uno goffo, infine uno elegante. La sterna sa volare. Un giorno accade l’inevitabile. Sale punta una finestra aperta, scivola sull’aria fuori dalla casa e si lancia nel mondo. In un attimo sparisce. Per la bambina è un dramma, la cercano ma è un compito impossibile. Chissà se è riuscita a superare la barriera di palazzoni e ad arrivare alle saline, e poi al mare. Chissà se ha imparato abbastanza da sopravvivere in quel mondo feroce. Lì ci sono le altre, c’è il cibo, ma c’è il falco. Ora sono passati anni, resta solo questa storia, e qualche foto. Oggi, se tutto è andato bene, nel cielo sulle saline fanno le capriole i discendenti della piccola sterna. La bambina è grande. Adesso lo sa, lo ha capito. C’è un momento in cui, anche se non hai ancora imparato tutto, devi trovare il coraggio di prendere il volo.