gatti mancati

Come dice il profeta... non c'è gatto più riuscito di un gatto mancato!

domenica 13 luglio 2008

basita, diffondo

Io sarei dell'idea che di queste cose non c'è bisogmo. Che il razzismo (ma dai!) non è più un argomento, che abbiamo imparato tutti dalla lezione del secolo scorso, che siamo tutte un po' innamorate di Denzel Washington, che abbiamo incotrato tutti troppi amici di sfumature di colore diverse per pensare davvero ad una "razza". Ma poi ricevo commenti che devo cancellare, mail di sconosciuti arroganti che non tollerano quello che scrivo sul giornale, e allora riportiamolo, il manifesto elaborato a San Rossore...

Manifesto degli scienziati antirazzisti 2008

I. Le razze umane non esistono. L’esistenza delle razze uma­ne è un’astrazione derivante da una cattiva interpretazione di piccole differenze fisiche fra persone, percepite dai nostri sensi, erroneamente associate a differenze “psicologiche” e interpreta­te sulla base di pregiudizi secolari. Queste astratte suddivisioni, basate sull’idea che gli umani formino gruppi biologicamente ed ereditariamente ben distinti, sono pure invenzioni da sempre utilizzate per classificare arbitrariamente uomini e donne in “mi­gliori” e “peggiori” e quindi discriminare questi ultimi (sempre i più deboli), dopo averli additati come la chiave di tutti i mali nei momenti di crisi.
II. L’umanità, non é fatta di grandi e piccole razze. È inve­ce, prima di tutto, una rete di persone collegate. È vero che gli esseri umani si aggregano in gruppi d’individui, comunità locali, etnie, nazioni, civiltà; ma questo non avviene in quanto hanno gli stessi geni ma perché condividono storie di vita, ideali e religioni, costumi e comportamenti, arti e stili di vita, ovvero culture. Le aggregazioni non sono mai rese stabili da DNA identici; al con­trario, sono soggette a profondi mutamenti storici: si formano, si trasformano, si mescolano, si frammentano e dissolvono con una rapidità incompatibile con i tempi richiesti da processi di selezione genetica.
III. Nella specie umana il concetto di razza non ha signifi­cato biologico. L’analisi dei DNA umani ha dimostrato che la variabilità genetica nelle nostra specie, oltre che minore di quella dei nostri “cugini” scimpanzé, gorilla e orangutan, è rappresenta­ta soprattutto da differenze fra persone della stessa popolazione, mentre le differenze fra popolazioni e fra continenti diversi sono piccole. I geni di due individui della stessa popolazione sono in media solo leggermente più simili fra loro di quelli di persone che vivono in continenti diversi. Proprio a causa di queste differenze ridotte fra popolazioni, neanche gli scienziati razzisti sono mai riusciti a definire di quante razze sia costituita la nostra specie, e hanno prodotto stime oscillanti fra le due e le duecento razze.
IV. È ormai più che assodato il carattere falso, costruito e pernicioso del mito nazista della identificazione con la “razza ariana”, coincidente con l’immagine di un popolo bellicoso, vin­citore, “puro” e “nobile”, con buona parte dell’Europa, dell’In­dia e dell’Asia centrale come patria, e una lingua in teoria alla base delle lingue indo-europee. Sotto il profilo storico risulta estremamente difficile identificare gli Arii o Ariani come un po­polo, e la nozione di famiglia linguistica indo-europea deriva da una classificazione convenzionale. I dati archeologici moderni in­dicano, al contrario, che l’Europa è stata popolata nel Paleolitico da una popolazione di origine africana da cui tutti discendiamo, a cui nel Neolitico si sono sovrapposti altri immigranti prove­nienti dal Vicino Oriente. L’origine degli Italiani attuali risale agli stessi immigrati africani e mediorientali che costituiscono tuttora il tessuto perennemente vivo dell’Europa. Nonostante la dram­matica originalità del razzismo fascista, si deve all’alleato nazista l’identificazione anche degli italiani con gli “ariani”.
V. È una leggenda che i sessanta milioni di italiani di oggi discendano da famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio. Gli stessi Romani hanno costruito il loro impero in­globando persone di diverse provenienze e dando loro lo status di cives romani. I fenomeni di meticciamento culturale e socia­le, che hanno caratterizzato l’intera storia della penisola, e a cui hanno partecipato non solo le popolazioni locali, ma anche greci, fenici, ebrei, africani, ispanici, oltre ai cosiddetti ”barbari”, han­no prodotto l’ibrido che chiamiamo cultura italiana. Per secoli gli italiani, anche se dispersi nel mondo e divisi in Italia in piccoli Stati, hanno continuato a identificarsi e ad essere identificati con questa cultura complessa e variegata, umanistica e scientifica.
VI. Non esiste una razza italiana ma esiste un popolo ita­liano. L’Italia come Nazione si é unificata solo nel 1860 e anco­ra adesso diversi milioni di italiani, in passato emigrati e spesso concentrati in città e quartieri stranieri, si dicono e sono tali. Una delle nostre maggiori ricchezze, é quella di avere mescolato tanti popoli e avere scambiato con loro culture proprio “incrocian­doci” fisicamente e culturalmente. Attribuire ad una inesisten­te “purezza del sangue” la “nobiltà” della “Nazione” significa ridurre alla omogeneità di una supposta componente biologica e agli abitanti dell’attuale territorio italiano, un patrimonio mille­nario ed esteso di culture.
VII. Il razzismo é contemporaneamente omicida e suicida. Gli Imperi sono diventati tali grazie alla convivenza di popoli e culture diverse, ma sono improvvisamente collassati quando si sono frammentati. Così é avvenuto e avviene nelle Nazioni con le guerre civili e quando, per arginare crisi le minoranze sono state prese come capri espiatori. Il razzismo é suicida perché non colpisce solo gli appartenenti a popoli diversi ma gli stessi che lo praticano. La tendenza all’odio indiscriminato che lo alimenta, si estende per contagio ideale ad ogni alterità esterna o estranea ri­spetto ad una definizione sempre più ristretta della “normalità”. Colpisce quelli che stanno “fuori dalle righe”, i “folli”, i “poveri di spirito”, i gay e le lesbiche, i poeti, gli artisti, gli scrittori alter­nativi, tutti coloro che non sono omologabili a tipologie uma­ne standard e che in realtà permettono all’umanità di cambiare continuamente e quindi di vivere. Qualsiasi sistema vivente resta tale, infatti, solo se é capace di cambiarsi e noi esseri umani cam­biamo sempre meno con i geni e sempre più con le invenzioni dei nostri “benevolmente disordinati” cervelli.
VIII. Il razzismo discrimina, nega i collegamenti, intrave­de minacce nei pensieri e nei comportamenti diversi. Per i difensori della razza italiana l’Africa appare come una paurosa minaccia e il Mediterraneo è il mare che nello stesso tempo se­para e unisce. Per questo i razzisti sostengono che non esiste una “comune razza mediterranea”. Per spingere più indietro l’Africa gli scienziati razzisti erigono una barriera contro “semiti” e “ca­miti”, con cui più facilmente si può entrare in contatto. La scien­za ha chiarito che non esiste una chiara distinzione genetica fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono state assolutamente dimostrate, dal punto di vista paleontologico e da quello genetico, le teorie che sostengono l’origine africana dei popoli della terra e li compren­dono tutti in un’unica razza.
IX. Gli ebrei italiani sono contemporaneamente ebrei ed ita­liani. Gli ebrei, come tutti i popoli migranti ( nessuno é migrante per libera scelta ma molti lo sono per necessità) sono sparsi per il Mondo ed hanno fatto parte di diverse culture pur mantenendo contemporaneamente una loro identità di popolo e di religione. Così é successo ad esempio con gli Armeni, con gli stessi italiani emigranti e così sta succedendo con i migranti di ora: africani, fi­lippini, cinesi, arabi dei diversi Paesi , popoli appartenenti all’Est europeo o al Sud America ecc. Tutti questi popoli hanno avuto la dolorosa necessità di dover migrare ma anche la fortuna, nei casi migliori, di arricchirsi unendo la loro cultura a quella degli ospitanti, arricchendo anche loro, senza annullare, quando é sta­to possibile, né l’una né l’altra.
X. L’ideologia razzista é basata sul timore della “alterazio­ne” della propria razza eppure essere “bastardi” fa bene. È quindi del tutto cieca rispetto al fatto che molte società ricono­scono che sposarsi fuori, perfino con i propri nemici, è bene, per­ché sanno che le alleanze sono molto più preziose delle barriere. Del resto negli umani i caratteri fisici alterano più per effetto delle condizioni di vita che per selezione e i caratteri psicologici degli individui e dei popoli non stanno scritti nei loro geni. Il “meticciamento” culturale é la base fondante della speranza di progresso che deriva dalla costituzione della Unione Europea. Un’Italia razzista che si frammentasse in “etnie” separate come la ex-Jugoslavia sarebbe devastata e devastante ora e per il futu­ro. Le conseguenze del razzismo sono infatti epocali: significano perdita di cultura e di plasticità, omicidio e suicidio, frammenta­zione e implosione non controllabili perché originate dalla ripul­sa indiscriminata per chiunque consideriamo “altro da noi”.
Enrico Alleva, Docente di Etologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma
Guido Barbujani, Docente di Genetica di popolazioni, Università Ferrara
Marcello Buiatti, Docente di Genetica, Università di Firenze
Laura dalla Ragione, Psichiatra e psicoterapeuta, Perugia
Elena Gagliasso, Docente di Filosofia e Scienze del vivente, Università La Sapienza, Roma
Rita Levi Montalcini, Neurobiologa, Premio Nobel per la Medicina
Massimo Livi Bacci, Docente di demografia, Università di Firenze
Alberto Piazza, Docente di Genetica Umana, Università di Torino
Agostino Pirella, Psichiatra, co-fondatore di Psichiatria democratica, Torino
Francesco Remotti, Docente di Antropologia culturale, Università di Torino
Filippo Tempia, Docente di Fisiologia, Università di Torino
Flavia Zucco, Dirigente di Ricerca, Presidente Associazione Donne e Scienza, Istituto di Medicina molecolare, CNR , Roma

lunedì 30 giugno 2008

mala tempora

prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento perchè rubacchiavano

Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perchè mi stavano antipatici

poi vennero a prendere gli omosessuali
e fui sollevato perchè mi inquietavano

Poi vennero a prendere i comunisti
ed io non dissi nulla perchè non ero comunista

un giorno vennero a prendere me
e non c'era rimasto più nessuno a protestare

martin nieder

martedì 27 maggio 2008

Ricetta per il crème caramel





strumenti:
6 coppette di acciaio o quelle di stagnola che si trovano al supermercato però inquinano)
una telia di quelle per fare le lasagne abbastanza grande da tenere le 6 coppette

ingredienti:
4 uovo (2 intere + due tuorli)
100 gr di zucchero bianco
1 buccia di limone grattuggiato
1/2 (mezzo) litro di latte

Più lo zucchero da far caramellare (circa 70 gr)

Si fa caramellare lo zucchero (si mette in un pentolino da latte a fuoco basso e si fa sciogliere girando con un cucchiaio di legno), quando è dl colore giusto lo si versa sul fondo delle coppette, con attenzione perchè è ustionante)

poi si accende il forno a 180 gradi

poi si mettono tutti gli altri ingredienti in una ciotola grande e si mischiano col minipimer o con una frusta.

poi si versa tutto nelle coppette, che hanno già il caramello raffreddato e indurito.

Poi si prnde la telia, la si mette nel forno (che ora è caldo) e la si riempie fino ad una altezza di due dita di acqua bollente.

Anche meno, quandole coppette saranno dentro, l'acqua deve arrivare a metà delle coppette.

poi si mettono le coppette riempite del mix, si chiude il forno e si aspetta mezz'ora. (siccome non deve lievitare, le prime vote si può aprire il forno per vedere che la temperatura non sia troppo alta e non bruci la superficie, in quel caso si abbassa la temperatura.

poi si spegne il forno e si aspetta che si raffreddi il tutto.

poi si mette in frigorifero, ci può stare 3/4 giorni, il primo girno il caramello non è sciolto, è ancora tutto sul fondo, dal secondo giorno in poi sono buoni.

Allora si prende una coppeta, si rovescia su un piattino et voilà!

giovedì 27 marzo 2008

mangiafuoco


Oggi Micol scherzando sulla categoria diceva che immagina gli psicoanalisti come dei grandi burattinai che manovrano i pazienti inducendoli a cambiare. Le ho risposto che invece il mestiere dello psicoanalista è proprio quello di recidere quei fili, o meglio, di sostenere il paziente mentre se ne libera da solo. Poi ho trovato questa immagine e mi è venuto in mente di scrivere un poco sul blog...

mercoledì 6 febbraio 2008

bonneville black

cruscotto

lunedì 14 gennaio 2008

...è un periodo così












Guarda dolcissima, pallida, bellissima,
Il giorno che viene a morire sui bianchi misteri;
e il silenzio fruscia dolcemente nella stanza,
nell'occulta magia della sera agonizzante.
Noi siamo felici di sapere che ogni cosa
come noi beve questo sprazzo di luce
e con noi si dilegua verso le nuvole rosa...
e il giorno sul vetro è diventato violetto.
Nella dolcezza della sera gemono i rami,
talora lungo le strade agonizza un uccello;
ed ecco che il cielo assume il colore dell'acqua...
mia sorella è il nostro amore che nevica tra i rami.

A. Artaud